The Museo del Ciclismo, Madonna del Ghisallo has had series of "Yesterday and Today" meetings for the public with famous Italian cyclists. This particular exchange between Moser and Saronni is quite entertaining. Good Italian practice....
Moser: «Nel 1968 andai alle Tre Cime di Lavaredo a vedere Eddy Merckx, cinque anni dopo correvo contro di lui».
Saronni: «Nel 1976 ero dilettante, facevo due o tre allenamenti alla settimana, e partecipai all’Olimpiade di Montreal, su pista. L’anno dopo debuttai tra i professionisti su strada».
Moser: «Lui sembrava un pistard».
Saronni: «Lui era già Moser».
Moser: «Sembrava solo un pistard, invece aveva stoffa».
Saronni: «E Moser era Moser».
Moser: «All’inizio non c’era rivalità».
Saronni: «Mondiale 1977, a San Cristobal. Moser era il leader. E io ero stato agli ordini di Martini. Anche nel finale, quando ormai lui era andato via con Thurau e gli altri scattavano per conquistare il terzo posto, io cercavo di chiudere per proteggerlo. Finché venne lì Bitossi: "Non preoccuparti, giovane, tu hai già lavorato tanto, adesso tocca a me". E così terzo arrivò lui».
Moser: «Nel 1978 la rivalità era fatta solo di schermaglie».
Saronni: «Mica tanto. Mondiale al Nurburgring. Fuga a tre: io, Hinault e Raas. Dietro si misero a tirare i belgi. Normale, se si pensa che davanti c’erano un italiano, un francese e un olandese. Ma si diceva che, a farli tirare, fosse Moser. Tant’è che, una volta che ci hanno ripresi, a scattare fu proprio Moser con Knetemann».
Moser: «Gli altri corridori si lamentavano: i giornali, dicevano, scrivono solo di voi due. Invece a noi faceva piacere».
Saronni: «La stagione cominciava con i ciclocross e la Sei Giorni di Milano, poi proseguiva dal Laigueglia fino al Lombardia. Dieci mesi uno contro l’altro».
Moser: «Le rivalità stanno in piedi solo se i due rivali sono all’altezza delle situazioni».
Saronni: «Spesso i giornalisti hanno scritto meno di quello che si poteva, però hanno scritto tanto. Veniva Beppe Conti: "Sai cos’ha detto di te quello là?". Io abboccavo e rispondevo per le rime».
Moser: «Di noi due si scriveva sempre, comunque e dovunque».
Saronni: «I tifosi erano schierati».
Moser: «C’erano anche quelli per Baronchelli o Gavazzi, ma erano minoranze».
Saronni: «Cori sotto l’albergo».
Moser: «Cartelli, striscioni, scritte sui muri».
Saronni: «Anche i giornalisti. Conti era per Moser, Zomegnan per me».
Moser: «All’estero dicevano che la nostra rivalità fosse provinciale».
Saronni: «Ma allora il grande ciclismo era quello italiano».
Moser: «Nel 1978 conquistai la mia prima Parigi-Roubaix, da solo, per distacco».
Saronni: «Avevo 19 anni e tre mesi, c’era la neve, fu un dramma. Finii sotto la macchina del mio direttore sportivo».
Moser: «Nel 1980 conquistai la Parigi-Roubaix per la terza volta consecutiva e sempre per distacco».
Saronni: «I giornalisti mi chiesero che cosa ne pensassi. Risposi che la Roubaix era un ciclocross da abolire».
Moser: «Fu il finimondo».
Saronni: «Però due giorni dopo vinsi la Freccia Vallone».
Moser: «Eccolo: il dualismo».
Saronni: «Tirreno-Adriatico del 1981. Dissi: "Quello lì vado a prenderlo anche con le scarpe da tennis"».
Moser: «Campionato italiano a Compiano, nel 1981. Saronni mi tagliò la strada, gli dissi: "Piano, mi fai cadere"».
Saronni: «Gli risposi: "Se non sai più stare in bici..."».
Moser: «Quella frase mi caricò come una molla».
Saronni: «Quella frase la pagai a caro prezzo. Vinse lui».
Moser: «A volte mi chiedevo se ne valesse la pena di insultarci così. Pensavo al giorno dopo, quando avrei dovuto rientrare in gruppo e correre».
Saronni: «Di quegli anni ricordo la folla sulle strade. Pedalavi e sentivi quello che diceva».
Moser: «Ricordo il Mondiale di Praga, nel 1981».
Saronni: «I più importanti corridori stavano nella squadra azzurra. Martini si era raccomandato: "A tre giri dalla fine tutti per la volata di Saronni". Infatti: a tre giri dalla fine scattò Battaglin. Risultato: primo Maertens, secondo io».
Moser: «Ti sei rifatto l’anno dopo, al Mondiale di Goodwood. Ho capito che non era il mio percorso, a meno che non partisse una fuga da lontano».
Saronni: «Non ho avuto aiuti».
Moser: «Io gregario? Mai».
Saronni: «Moser è stato il mio avversario numero 1 fino al 1983. Dal 1984 in poi era un altro: l’unico a poter accedere a nuove metodologie di allenamento. A quel punto Moser si confrontava e sfidava solo se stesso».
Moser: «Saronni ha pagato il Giro d’Italia del 1983. L’ha vinto ma con grande fatica. Sarà stato quello a provocargli il declino a soli 26-27 anni».
Saronni: «Quando Moser stabilì i record dell’ora, prima a 50,808, poi addirittura a 51,151, quasi non si credeva che potesse essere vero. Ma non ne soffrii. Ormai il nostro non era più un confronto diretto o personale».
Moser: «Di Saronni ho sempre invidiato la velocità, e che potesse vincere facilmente in volata. Invece io dovevo muovermi prima e fare molta più fatica di lui».
Saronni: «Di Moser ho sempre ammirato il fondo, la volontà, la voglia, la capacità di soffrire. Per me la corsa doveva essere più facile. Lui era costretto a essere generoso, io a risparmiare. Lui era portato a seguire l’istinto, io a fare calcoli».
Moser: «E pensare che una volta abbiamo corso insieme».
Saronni: «Trofeo Baracchi, nel 1979».
Moser: «Le coppie le faceva Baracchi, padre-padrone della corsa. E’ stato lui a metterci insieme».
Saronni: «Dovevamo trovarci un giorno e mezzo prima per provare il percorso. Niente. Rimandato al giorno prima per provare almeno i cambi. Niente. Non abbiamo fatto insieme neanche il riscaldamento: ci siamo trovati direttamente sulla passerella alla partenza».
Moser: «C’era una coppia belga, forte, ma è caduta».
Saronni: «Moser mi ha tirato il collo, forse voleva staccarmi. Alla fine ero così distrutto che non riuscivo neanche più a sedermi».
Moser: «Adesso va molto meglio».
Saronni: «Sì, è vero, però... Francesco produce vino, che è pure buono. A me piace il vino rosso, ma lui non me ne ha mai regalato una bottiglia».
Moser: «Io faccio il vino per venderlo. Ma se vieni a prenderlo a casa mia, poi te ne regalo. Una bottiglia».
Photo: left-right: Giuseppe Saronni, Fiorenzo Magni, Francesco Moser and Beppe Conti at the Museo del Ciclismo, Madonna del Ghisallo
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